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Storia di Matera

Francesco Cassiano de Silva, 1703

La più antica presenza dell’uomo entro il perimetro urbano di Matera comincia a manifestarsi circa tremila anni fa. In alcune aree dei quartieri della Civita, dei Sassi e del Piano vi sono stati ritrovamenti archeologici risalenti all’età dei metalli. Ulteriori stratificazioni archeologiche nelle stesse aree attestano l’influenza della cultura magno-greca e romana.

Nell’alto medioevo Matera fu conquistata dai longobardi, quindi dagli Arabi e infine dai bizantini. Proprio nel periodo della seconda colonizzazione bizantina dell’Italia meridionale, Tra il IX e l’XI secolo, iniziano a nascere i casali rupestri, scavati nelle fiancate rocciose delle numerose gravine della Murgia appulo-lucana.

La città di Matera si forma come evoluzione di uno di questi casali prevalentemente rupestri, che probabilmente avevano anche edifici costruiti.

L’attività di scavo continuò a protrarsi anche in epoche successive, addirittura fino al XVI e XVII secolo, come nel quartiere Casalnuovo, propaggine estrema del Sasso Caveoso. La architettura scavata, definita in negativo perché ottenuta per sottrazione di materiale, potè diventare d’uso comune grazie alla natura della roccia locale, la calcarenite di Gravina, tenera e facilmente modellabile dall’uomo attraverso semplici strumenti da lavoro quali ascia e scalpello.

Gli studiosi si interrogano da diversi decenni se questo trogloditismo medievale sia stato un fenomeno originale e indigeno, oppure sia stato importato attraverso flussi migratori, che avrebbero fatto adottare usanze abitative tipiche di popoli lontani.

Sino a questo momento in Italia meridionale mancano fonti documentarie attestanti l’abitazione in grotta prima del medioevo, ovvero in età magnogreca e romana.

Come accennato, nell’alto medioevo, in Italia meridionale, alla dominazione longobarda seguì quella bizantina (IX-XI secolo).

I bizantini, che governarono la Puglia dal IX all’XI secolo, già mille anni prima della conquista conoscevano i benefici termici del vivere sotto terra in molte zone del loro impero, ed erano esperti nella realizzazione di sistemi idraulici di raccolta delle acque meteoriche, attraverso una rete capillare di canalizzazioni scavate nella roccia, confluenti in cisterne. Sfruttando le ripide pendenze naturali dei due valloni degradanti sotto la Civita era possibile raccogliere le acque meteoriche in innumerevoli cisterne. Queste erano disseminate ovunque, nei vicinati, le piazzette degli antichi rioni, e al di sotto di ciascuna casa.

La diffusione della architettura scavata in Oriente è attestata dai villaggi rupestri di Cappadocia, Georgia, Armenia, Crimea, Siria ecc. così come dalla splendida architettura funeraria di Petra, in Giordania. La nascita di Gesù Cristo in una grotta a Betlemme, in Palestina, lo rende il troglodita più famoso della storia dell’umanità (troglodita: abitatore delle caverne). Non a caso, proprio per la somiglianza tra Matera e la Palestina di età romana, Pier Paolo Pasolini fu il primo regista che decise di ambientare un film sulla vita di Cristo proprio a Matera, con Il vangelo secondo Matteo (1964).

Dopo il dominio longobardo e bizantino, nel periodo normanno la città rafforzò ed espanse il suo sistema difensivo. Successivamente alla dominazione angioina, la città di Matera fu infeudata e ceduta al conte Giancarlo Tramontano durante il dominio degli aragonesi. Il Conte, particolarmente inviso ai cittadini materani per i suoi soprusi e privilegi, venne platealmente ucciso da un manipolo di ignoti assassini, dopo la messa serale, all’uscita dalla Cattedrale. Per questo motivo, il fortilizio posto a monte della città di Matera, il cosiddetto Castello Tramontano, non venne mai ultimato, e la via a fianco alla Cattedrale, in cui si consumò l’efferato delitto, è ancora oggi chiamata Via Riscatto.

Secondo alcuni studiosi, a questo episodio si riferisce il motto latino, posto ai piedi del bue, raffigurato nello stemma municipale del Comune di Matera. Esso recita: Bos lassus firmius figit pedem: il bue stanco affonda il passo più lentamente.

Ovvero: il popolo materano avrebbe la tempra di un bue, essendo instancabile e dignitoso lavoratore, ma non certamente disposto a sopportare sacrifici oltre una ragionevole misura!

Curioso considerare che all’epoca dell’efferato delitto, per commemorare l’accaduto, nella chiesa di San Giovanni Battista, un anonimo cronista sentì l’esigenza di lasciare un graffito in latino che ancora oggi si può leggere: DIE 29 DC (decembris)15[.]5 INTERFECTVUS (est) COMES MA(therae).

Nel 1500, durante il Regno di Napoli, fu eretto il Palazzo del Sedile, sede del governo della città che continuava a crescere nel numero dei suoi abitanti, appena fuori dalle mura della Civita, in quella che è ancora oggi la Piazza del Sedile.

Nello stesso periodo a Matera arrivarono anche gli Schiavoni, popolazioni immigrate di origine albanese e serbo-croata, che si stabilirono a ridosso del rione Malve, nel Caveoso, dando origine al rione Casalnuovo, in cui si continuarono a scavare nuove abitazioni in grotta.

Agli inizi dell’età moderna (probabilmente già dalla fine del medioevo) la fisionomia dei Sassi stava cambiando: alle antiche case-grotta, direttamente scavate nella roccia, erano andate a sovrapporsi sempre più le case palazziate, non più scavate bensì costruite per addizione di materiale. Inoltre, dalla Civita il sistema difensivo si andava potenziando verso i Sassi.

Per diversi secoli, nei Sassi coesisterono varie classi sociali, compresa la nobiltà. Ormai si tendeva a vivere in case costruite, destinando gli ambienti scavati, via via, ad altri usi, come cantine, magazzini, stalle, attività produttive.
Sotto il dominio spagnolo, nel 1663 Matera uscì dalla Terra d’Otranto che la univa alla parte meridionale della Puglia per diventare Sede della Regia Udienza e capoluogo della regione Basilicata, primato che consegnò a Potenza circa un secolo e mezzo più tardi (1806).

Dall’età barocca fino agli inizi dell’800 Matera continuò ad espandersi sul pianoro antistante la Civita, là dove andava sempre più sviluppandosi il cosiddetto quartiere Piano.

Durante l’Ottocento, e fino alla metà del Novecento, la popolazione continuò a crescere, specialmente quella delle classi sociali più povere. Sin dagli inizi dell’Ottocento la povertà cominciò ad aumentare, specialmente a causa della gestione latifondistica dell’agricoltura, che spinse i contadini a trasferirsi in città.

Fu così che negli ultimi centocinquant’anni venne a esaurirsi l’equilibrio tra cittadini e spazio vivibile nei Sassi, e si vennero a creare progressivamente condizioni di sovraffollamento. Spinte da necessità, le povere famiglie numerose dei braccianti tornarono a vivere negli ambienti scavati, nelle stalle, nelle cisterne, e anche in qualche chiesa rupestre, precedentemente abbandonata dagli ordini religiosi, da tempo trasferitisi sul Piano.

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, nei Sassi vivevano circa diciottomila persone, di cui circa quattromila in case-grotta. Molti abitanti vivevano in estrema povertà e in promiscuità con gli animali da reddito, indispensabili al loro sostentamento.

Nel 1935, lo scrittore Carlo Levi, confinato dal regime fascista a Grassano e ad Aliano, in provincia di Matera, ebbe modo di conoscere da vicino l’amara realtà contadina del Sud Italia, la povertà e il degrado igienico-sanitario in cui versavano, a quei tempi, i sovraffollati quartieri Sassi. Qui, i più poveri erano ridotti a vivere in case-grotta malsane, buie e umide, condivise con gli animali. La convivenza con il mulo, la capra, le galline, il maiale, serviva ai poveri abitanti semplicemente per sopravvivere. In tale situazione, purtroppo, si ammalavano in tantissimi, tanto che in quel periodo l’indice di mortalità infantile era elevatissimo, intorno al 40 per cento. Nel suo romanzo Cristo si è fermato ad Eboli, pubblicato una decina d’anni più tardi, nel 1945, Levi, dedicò quattro pagine a Matera. Il suo celebre contributo si sommò a quello di molti altri intellettuali e politici di allora, che avevano a cuore la questione meridionale e le misere condizioni di vita dei braccianti agricoli, peggiorate dopo l’Unità d’Italia e due guerre mondiali.


Negli anni ‘50 Matera fu considerata un vero e proprio caso mediatico politico nazionale ed internazionale. Palmiro Togliatti fu il primo a denunciare nel 1948 le condizioni di vita dei contadini materani, che vivevano nei sovraffollati quartieri Sassi, in precarie condizioni igieniche. Moltissimi giornalisti americani, nei loro articoli e documentari su Matera, beneficiaria del piano Marshall, ripeterono pedissequamente il grossolano errore storico già commesso da Carlo Levi nel suo romanzo, raccontando che i poveri abitanti di Matera vivevano ancora nelle stesse caverne che occupavano sin dal Paleolitico.

In questo particolare contesto lo Stato italiano emanò la cosiddetta prima legge speciale su Matera, varata dal governo De Gasperi nel 1952 (Legge 17 maggio 1952 n. 619). Essa, all’origine, prevedeva solo il recupero dei Sassi, ma, in realtà, ne provocò lo svuotamento e l’abbandono. Furono abbandonate le case-grotta, dichiarate per legge inagibili, ma anche quelle costruite, che erano la maggioranza. Circa l’ottanta per cento degli immobili fu espropriato dal demanio statale, tant’è che tuttora il centro storico di Matera, vero e proprio unicum in Europa, appartiene al demanio
statale.

Con tale legge, lo Stato si assunse l’onere di costruire nuovi quartieri popolari da destinare agli sfollati dei rioni Sassi e Civita. Solo gli abitanti del Piano rimasero nelle loro abitazioni. Di conseguenza gli antichi rioni, nel giro di circa un decennio furono svuotati e divennero una sorta di quartieri fantasma, diroccati e fatiscenti. La città visse così una sorta di rimozione collettiva della propria memoria storica e culturale, di rinnegamento totale del proprio passato.


Negli anni ’80, la questione del centro storico abbandonato era ancora irrisolta: alcuni avrebbero preferito lasciarlo vuoto, come una sorta di enorme monumento alla memoria, mentre altri auspicavano un suo ripopolamento. Prevalse questa seconda ipotesi e così nel 1986 lo Stato italiano emanò una seconda legge speciale (Legge 11 novembre 1986, n. 771). Essa finanziò il risanamento dei quartieri Sassi, stabilendo che il recupero sarebbe potuto avvenire grazie all’affidamento degli immobili demaniali a privati cittadini materani, tramite la formula giuridica della concessione in comodato d’uso gratuito. Secondo questa legge, gli assegnatari privati devono effettuare a proprie spese il restauro conservativo degli stessi immobili. Di fatto, le due leggi statali hanno permesso al centro storico di Matera di ritornare ad essere vissuto, ed il risanamento degli antichi rioni è tutt’ora in corso.


Matera infine è riuscita a riscattare il suo tormentato passato di povertà, comune ad altre località italiane e straniere nel dopoguerra, per tornare a scommettere su un futuro radioso. Nel 1993 i quartieri Sassi sono stati proclamati Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO e nel 2007 nella denominazione dello stesso sito UNESCO è stato incluso il Parco della Murgia materana. Inoltre, nel 2014 Matera è stata proclamata Capitale Europea della Cultura per il 2019. Ciò ha finalmente portato la città a godere di un indiscusso benessere, grazie alla grande crescita del suo sviluppo turistico.

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